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The Lightning and the Sun – Chapter 1 (Italian)

L’ idea di progresso – miglioramento indefinito – è tutto tranne che un concetto moderno. Probabilmente è più antica del più vecchio uomo che riuscì con successo a migliorare i materiali a sua disposizione ed aumentare, attraverso l’abilità tecnica la sua capacità di attacco e difesa. L’ abilità tecnica, per molti secoli almeno, è stata troppo preziosa per essere disprezzata. No, quando (l’uomo) si è elevato ad un grado più alto ciò è stato, più di una volta, salutato come un qualcosa quasi di divino.

Leggende meravigliose sono state sempre tessute, per esempio, intorno a tali uomini dei quali era narrato che furono, in qualche modo, capaci di elevarsi, fisicamente sopra la terra, come Etana di Erech che volò in alto in cielo “supportato da ali” d’ aquila, o il famoso Icaro, sfortunato precursore dei nostri aviatori moderni o il fratello di Manco Capac, Auca, che si narrava fosse stato donato di ali “naturali” migliori di quelle artificiali di Icaro.

Ma a parte tali atti di valore così incredibili di una manciata di individui, gli Antichi nel loro complesso si distinsero in molte finalizzazioni materiali. Avrebbero potuto vantarsi del sistema d’ irrigazione in Sumeria; della costruzione di piramidi che rivelano, sia in Egitto che, secoli più tardi, in America Centrale, una conoscenza sorprendente di dati astronomici; delle stanze da bagno e fognature nel palazzo di Knossos; dell’ invenzione del carro-da-guerra dopo quella dell’ arco e freccia, e della clessidra dopo quella del quadrante solare abbastanza per farli confondere con pretenziosi e fiduciosi concetti nel destino delle loro rispettive civilizzazioni. Tuttavia, anche se riconobbero pienamente il valore del loro proprio lavoro nel campo pratico, e certamente molto presto concepirono la possibilità – e forse acquisirono la certezza – di un indefinito progresso tecnico, non credettero mai nel progresso in generale, nel progresso su tutte le linee, come invece sembra fare la maggior parte dei nostri contemporanei. Da ogni evidenza, sembra che fedelmente credessero all’ idea tradizionale dell’ evoluzione ciclica ed avessero, oltre a ciò, il buon senso di ammettere che stessero vivendo (nonostante tutti i loro successi) in un certo senso come all’ inizio di un processo discendente a lungo termine che costituisse il loro proprio particolare “ciclo” – ed il nostro. Indù o Greci, Egiziani o Giapponesi, Cinesi, Sumeri, gli abitanti delle Americhe – o anche i Romani, i più “moderni” fra i popoli dell’Antichità – tutti loro posero l’ “Età D’Oro”, l’ “Età della Verità”, la regola di Kronos o di Ra, o di alcuni altri Dei sulla terra – l’ Inizio glorioso del lento, discendente ammainare della storia, qualunque fosse il nome usato! – in un tempo remoto indietro nel loro passato.

Ed erano convinti che il ritorno di una simile Epoca, predetta nei loro rispettivi testi sacri e tradizioni orali dipendesse, non dallo sforzo consapevole dell’ uomo, ma da leggi ferree, inerenti alla vera natura della manifestazione visibile e tangibile, e che pervadono ogni cosa; da leggi cosmiche. Credevano che lo sforzo consapevole di un uomo fosse solo un’espressione di quelle leggi al lavoro, che conducevano il mondo, volente o nolente; in una parola che la storia dell’ uomo, come la storia del resto del mondo vivente fosse solo un dettaglio nella storia cosmica senza inizio né fine; una conseguenza periodica della Necessità interna che lega ogni fenomeno nel Tempo.

E così che gli Antichi potettero accettare questa visione dell’ evoluzione del mondo mentre approfittavano di ogni progresso tecnico alla loro portata, così possono – e così fanno – al giorno d’oggi, migliaia di uomini nati nel grembo di vecchie culture impallidite incentrate intorno a simili visioni tradizionali, e, anche alcuni individui isolati capaci di pensare in modo autonomo nel mezzo di culture industriali ultra-orgogliose. Costoro contemplano la storia dell’ umanità da una simile prospettiva.

Mentre vivendo, apparentemente come uomini e donne “moderni” – usando ventilatori elettrici e ferri elettrici, telefoni e treni, ed aeroplani, quando possono permetterselo – nutrono nei loro cuori un disprezzo profondo per la presunzione infantile e le gonfie speranze della nostra epoca, e per le varie ricette per “salvare l’ umanità” che filosofi zelanti e statisti mettono in circolazione. Loro sanno che nulla può “salvare l’ umanità”, perchè l’ umanità sta arrivando alla fine del suo attuale ciclo. L’ onda che l’ ha sostenuta, per così molti millenni sta quasi per infrangersi, con tutta la furia della velocità acquisita ed ancora una volta la unirà nella profondità dell’ Oceano immutabile di esistenze indifferenziate. Sorgerà di nuovo, un giorno, con maestà improvvisa perchè tale è la legge delle onde. Ma nel frattempo nulla può essere fatto per fermarla. Sfortunatamente – gli sciocchi – sono quegli uomini che, per qualche loro ragione particolare – probabilmente basandosi su di un loro calcolo sovrastimato di ciò che andrà perduto in questo processo! – vorrebbero fermarlo. I privilegiati – i saggi – sono quei pochi che, essendo completamente consapevoli dell’ infelicità in aumento nell’ umanità attuale e del suo molto-applaudito “progresso”, sanno quanto piccola possa essere la perdita nel prossimo incidente e guardare ad esso con gioiosa attesa come ad una condizione necessaria per un nuovo inizio – una nuova “Età dell’ Oro”, cresta illuminata dal sole sulla prossima lunga onda cavalcante la superficie dell’ Oceano senza fine della Vita.

A quei privilegiati – fra cui noi ci annoveriamo – l’ intera successione degli “attuali eventi” appare in una prospettiva completamente diversa sia da quella di chi crede disperatamente nel “progresso” sia da quelle di persone che, pur accettando la prospettiva ciclica della storia e che quindi considerano il prossimo crollo come inevitabile, si sentono sofferenti nel vedere la civilizzazione nella quale vivono andare verso la sua fine.

Per noi gli altisonanti “ismi” ai quali i nostri contemporanei ci chiedono di aderire, ora, nel 1948, sono tutti ugualmente futili: limiti per essere denunciati, sconfitti ed infine rifiutati dagli uomini, se essi contengono qualcosa di realmente nobile: limiti per godere, per qualche tempo, di una certa specie di successo rumoroso, se sufficientemente volgari, pretenziosi e uccisori dell’ anima da piacere al numero crescente di schiavi meccanicamente condizionati che strisciano sul nostro pianeta, atteggiandosi ad uomini liberi; tutti destinati a risultare, infine, di nessun profitto. Le religioni onorate un tempo diventano sempre meno alla moda mentre gli attuali “ismi” divengono più popolari, sono non meno futili – se non di più: strutture di superstizione organizzata prive di ogni autentico sentimento del Divino, o – presso persone più sofisticate – meri aspetti convenzionali della vita sociale, o sistemi di morali (e di morali molto elementari) stagionati con uno spruzzo di riti sorpassati e simboli di cui difficilmente qualcuno comprende il significato originale: strumenti nelle mani di uomini intelligenti col potere di cullare i semplicioni nell’ obbedienza permanente; nomi convenienti, intorno a quali può essere facile radunare convergenti aspirazioni nazionali o tendenze politiche; o solo l’ ultimo ricorso di individui poco stabili e manovrati: ovvero, praticamente, ciò che tutti loro sono – tutti loro sono stati ridotti a questo nel corso di alcuni secoli – nel loro destino. Loro sono morti, infatti – morti come i vecchi culti che fiorirono di fronte ad essi, con la differenza che quei culti hanno cessato di esalare da molto il puzzo della morte, mentre loro (i cosiddetti “viventi”) sono ancora allo stadio in cui la morte è inseparabile dalla corruzione. Nessuna religione – né il Cristianesimo né l’Islam né il Buddhismo – ci si può ora attendere che “salvi” alcuna cosa di quel mondo che una volta esse conquistarono; nessuna ha un posto normale nella vita “moderna”, il che è essenzialmente mancanza di consapevolezza dell’ eterno.

Non esistono attività nella vita “moderna” che non siano futili, salvo forse quelle il cui scopo è di soddisfare la fame del corpo: coltivazione del riso; del grano; castagne che si raccolgono nei boschi o le patate dal proprio giardino. E l’ unica e sola politica assennata potrebbe essere lasciare che le cose prendano il loro corso ed attendere il prossimo Distruttore, destinato a ripulire la terra per la costruzione di una nuova “Età della Verità”: ciò che gli indù chiamano Kalki e salutano come la decima ed ultima Incarnazione di Vishnu; il Distruttore il cui avvento è la condizione della conservazione della vita, secondo le leggi eterne della Vita stessa.

Noi sappiamo che tutto ciò sembrerà follia assoluta a coloro che, più numerosi, nonostante gli orrori non detti della nostra epoca, rimangono convinti che l’ umanità stia avanzando. Sembrerà anche cinismo a molti di quelli che accettano la nostra convinzione dell’ evoluzione ciclica che è un credo universale e tradizionale espresso in forma poetica in tutti i testi sacri del mondo, inclusa la Bibbia. Noi non abbiamo niente da rispondere a questa possibile seconda critica, perché si basa esclusivamente su di un atteggiamento emotivo che non ci appartiene. Ma possiamo tentare di indicare la vanità della fiducia popolare nel “progresso”, sia solo per sottolineare la razionalità e forza della teoria dei cicli.

Argomenti

Gli esponenti della fiducia nel “progresso” presentano molti argomenti per provare – a loro ed ad altri – che i nostri tempi, con tutti gli innegabili inconvenienti, sono nel complesso, migliori di qualsiasi epoca del passato, ed anche che mostrano netti segnali di miglioramento. Non è possibile analizzare tutti i loro argomenti in dettaglio. Ma si possono scoprire facilmente le falle nascoste nella più estesa e, apparentemente, più “convincente” di tali argomentazioni. Tutti i fautori del “progresso” sottolineano cose quali l’ alfabetismo, la “libertà” individuale, le opportunità uguali per tutti gli uomini, la tolleranza religiosa e il “benessere” come anche la preoccupazione moderna sullo salute dell’ infanzia, le riforme delle prigioni, le migliori condizioni di lavoro, l’ aiuto statale agli ammalati e ai bisognosi ed anche la minore crudeltà verso gli animali. I risultati abbaglianti che si sono ottenuti, nei recenti anni, nell’ applicazione di scoperte scientifiche nel campo delle ricerche pratiche ed industriali, sono, chiaramente, i più popolari di tutti gli esempi che tendono a dimostrare quanto meravigliose siano le nostre vite. Ma su questo punto non discuteremo, infatti come abbiamo già chiaramente detto, non neghiamo o minimizziamo in alcun modo l’ importanza del progresso tecnico. Ciò che noi neghiamo è l’ esistenza di qualsiasi progresso nell’ uomo in quanto tale, sia individualmente che collettivamente, e le nostre riflessioni sull’ alfabetismo universale e su altri “segnali” estremamente lodati di miglioramento dei quali i nostri contemporanei sono orgogliosi, nascono tutte dal quel punto di vista…

Noi crediamo che il valore di un uomo – come il valore di ogni creatura, in ultima analisi – non giace nel solo intelletto ma nello spirito; nella capacità di riflettere su ciò che, per mancanza di una parola più precisa, noi scegliamo di chiamare “il divino”, per esempio ciò che è vero e bello oltre ogni manifestazione; ciò che rimane senza tempo (e perciò immutabile) all’ interno di tutti i cambiamenti…

Progresso? – È vero che, oggi, almeno in tutti i paesi estremamente organizzati (tipicamente “moderni”), quasi tutti possono leggere e scrivere. Ma allora? Essere capace di leggere e scrivere è un vantaggio – e considerevole. Ma non è una virtù. È un attrezzo ed un’ arma; un mezzo per un fine; una cosa molto utile, senza dubbio; ma non un fine in se stesso. Il valore ultimo dell’ alfabetismo dipende dal fine per il quale è usato. E per quale fine viene adoperato solitamente oggigiorno? Si usa per convenienza o divertimento, da ciò che si può vedere attorno; si usa per l’ annuncio pubblicitario, o per la propaganda deplorevole – per fare soldi o ottenere potere – da coloro che scrivono; qualche volta, ovviamente per acquisire e diffondere una conoscenza disinteressata di poche cose di valore: per trovare espressione o dare espressione ai pochi sentimenti profondi che possono elevare l’ uomo alla consapevolezza delle cose eterne, ma ciò raramente. Generalmente, oggi, l’ uomo o la donna che l’ istruzione obbligatoria ha reso “istruiti” usano la scrittura per comunicare le questioni personali ad amici lontani e parenti, per riempire moduli – una delle occupazioni internazionali di questa umanità civilizzata e moderna – o prendere nota di cose che si possono dimenticare, ma anche cose trascurabili quali un indirizzo o numero di telefono, o la data di qualche appuntamento con l’ acconciatore o il dentista, o l’ elenco dei vestiti puliti ritirati dalla tintoria. Lui o lei leggono per “passare del tempo” perché, fuori delle ore di cupo lavoro, il solo pensare non è utile per servire a quello scopo.

Noi sappiamo che ci sono anche persone le cui vite intere sono state dirette verso un radioso destino da un libro, un poema – una semplice frase – letta in un’infanzia distante, come Schliemann che passò quaranta anni di dure fatiche nel prodigarsi su scavi archeologici, tutto questo a causa dell’ interesse dovuto all’ impressione su di lui suscitata, da ragazzo, dalla storia immortale di Troia. Ma tali persone ci furono sempre, anche prima che l’ istruzione obbligatoria entrasse in vigore. E le storie sentite e ricordate erano non meno ispiratrici di quelle storie che ora possono essere lette. Il vero vantaggio dell’ alfabetismo generale, se ve ne è, sarà da cercare altrove. Non giace nella migliore qualità o nell’ eccezionalità di uomini e donne insoliti o nei milioni di persone istruite, ma piuttosto nel fatto che i secondi stanno divenendo con rapidità intellettualmente più pigri e perciò più creduloni, ingannati più facilmente, più facili da essere condotti come pecore senza nemmeno l’ ombra di una protesta, e le cose senza significato sono più facili da far ingoiare se presentate sotto forma di carta stampata e fatta apparire con una matrice “scientifica”. Più alto è il livello generale di alfabetismo, più facile è per un governo che abbia il controllo della stampa quotidiana, del telefono senza fili e degli affari di editoria tenere le masse e l’ “intellighenzia” sotto il suo comando, senza che loro sospettino alcunché.

Fra persone ampiamente illetterate ma più attivamente pensanti, apertamente governati nella maniera più autocratica, un profeta, tramite diretto degli Dei, o di genuine aspirazioni collettive, può sempre sperare di emergere in mezzo all’ autorità secolare e il popolo. I preti stessi non potrebbero mai essere abbastanza sicuri di custodire le persone in obbedienza per sempre. Le persone potrebbero scegliere di ascoltare il profeta, se volesseo. E lo fecero, qualche volta. Oggi, dovunque l’ alfabetismo universale è comune, gli ispirati componenti della verità senza tempo – ovvero i profeti – hanno sempre meno opportunità di apparire. Il pensiero sincero, il vero pensiero libero, reattivo in nome di un’ autorità sovraumana o in nome di un comune senso, capace di mettere in dubbio la base di ciò che è insegnato ufficialmente e generalmente accettato, è meno probabile che prosperi. Ripetiamo, è di gran lunga più facile asservire le persone istruite che un analfabeta, questo punto di vista può sembrare strano a prima vista. Il vero vantaggio dell’alfabetismo universale è stringere la presa del potere governante su milioni di sciocchi e presuntuosi. Probabilmente ecco perché è stato suonato come un tamburo nelle nostre teste, dai tempi dell’ infanzia, che l’ “alfabetismo” rappresenti un vantaggio. La capacità di pensare da se stessi è, al contrario, il vero vantaggio. E questa capacità sempre era e sempre sarà il diritto di una minoranza, una volta riconosciuta come una élite naturale e rispettata. Oggi, l’ istruzione di massa obbligatoria ed una letteratura in modo crescente standardizzata per il consumo di cervelloni “condizionati” – segnali notevoli di “progresso” – tendono a ridurre quella minoranza alle proporzioni più piccole possibili; ed in ultimo, sopprimerla. È questo che l’ umanità vuole? Quindi, l’ umanità sta perdendo la sua raison d’ etre, e al più presto sarà la fine di questa così meglio detta “civilizzazione”.

Ciò che abbiamo detto riguardo all’ alfabetismo può essere ripetuto rudemente su quelle due altre glorie principali della Democrazia moderna: la “libertà individuale” e l’ uguaglianza delle opportunità per ogni persona. La prima è una bugia. La seconda è un’ assurdità.

Una delle discordanze più divertenti del cittadino medio nel mondo moderno industrializzato è il modo in cui critica tutte le istituzioni delle antiche e migliori forme di civiltà, come il sistema della casta degli indù o il culto della famiglia nell’ Estremo Oriente. Il cittadino non comprende come esigente – come annichilente – sia il comando dell’ autorità collettiva che lui rispetta (per metà, inconsapevolmente) comparato a quello dell’ autorità collettiva e tradizionale delle società evidentemente meno “libere”. Agli appartenenti ai sistemi basati sulla casta-dominati dell’ India o sulla forza della famiglia dell’ Estremo Oriente non viene permesso di fare tutto ciò che a loro piacerebbe, ovvero molti balocchi ed alcune questioni veramente importanti della vita quotidiana. Ma loro sono lasciati di credere ciò che a loro piace, o piuttosto quello che loro possono pensare; sentire secondo la loro propria natura ed esprimersi liberamente su di un gran numero di questioni essenziali; si permette loro di condurre la loro vita nella maniera che i più saggi giudicano opportuna, dopo che i loro doveri di famiglia o di casta sono stati adempiuti. L’individuo che vive il ferro e la regola di acciaio del moderno “progresso” può mangiare qualunque cosa lui immagini (in larga misura) e si sposa chi vuole – sfortunatamente! – e va dovunque gli piace (in teoria almeno). Ma lui è fatto per accettare, in tutte le questioni extra-individuali – le questioni che, per noi, realmente contano – le credenze, l’atteggiamento alla vita, la scala di valori e, in larga misura, le viste politiche che tendono a fortificare il sistema socio-economico e possente di sfruttamento al quale lui appartiene (a cui lui è costretto per fare parte degli esseri viventi) ed di cui è un semplice ingranaggio. E c’è di più, lui è fatto per credere che è un privilegio essere un ingranaggio in tale organismo; che le questioni senza importanza nelle quali sente di essere padrone sono, infatti, più importanti – l’uniche veramente importanti. A lui è insegnato di non prendere in considerazione la libertà di giudizio sull’ultima verità, estetica, etica o metafisica di cui è sottilmente privato. Ancora: egli afferma – in ogni caso nei paesi democratici – che è libero sotto tutti gli aspetti; che lui è “un individuo, responsabile a nessuno se non alla sua propria coscienza”… dopo che anni di condizionamento intelligente hanno foggiato la sua “coscienza”! Ed è così completamente forgiato secondo tale modello, che non è più capace di reagire differentemente. Bene tali uomini parlano di “pressione sull’individuo” in alcune società, antiche o moderne!

Si può comprendere come un esteso numero di menti umane sia stato piegato , sia da un condizionamento intenzionale che inconscio, nel mondo in cui oggi viviamo quando si incontra persone che non sono state l’influenzate dalla civilizzazione industriale, o quando accade di essere abbastanza fortunato per avere sfidato la pressione perniciosa dell’istruzione standardizzata ed essere rimasto libero fra la folla di quelli che reagiscono come fu loro insegnato, in tutte le questioni fondamentali. La fenditura tra i pensanti e gli irriflessivi, i liberi e gli schiavi, sta aumentando.

Come per l’ “uguaglianza delle opportunità”, nessuno sa di cosa si stia realmente parlando. Producendo uomini e donne diversi in qualità quali l’intelligenza, la sensibilità e la forza di volontà, diversi nel carattere e temperamento, la Natura stessa dà opportunità disuguali di adempiere alle loro aspirazioni, qualunque esse siano. Un iper-emotivo o una persona piuttosto debole non possono, per esempio, né concepire lo stesso ideale di felicità né avere uguali opportunità di raggiungerla nella vita, come uno che è nato con una natura più equilibrata ed una volontà più forte. Questo è ovvio…

Ciò che i nostri contemporanei vogliono dire quando parlano della “uguaglianza delle opportunità” è il fatto che, nella società moderna – così loro dicono – ogni uomo o donna ha, sempre più, tante opportunità di raggiungere una posizione e fare il lavoro per cui lui o lei sono naturalmente portati. Ma anche ciò è parzialmente vero. Perché, sempre più, il mondo di oggi – il mondo dominato dall’industria su grande-scala e la fabbricazione in serie – può offrire solamente lavori in cui il meglio del lavoratore stesso gioca poca o nessuna parte se lui o lei sono qualcosa di più di una persona soltanto intelligente e materialmente efficiente. L’artigiano che potrebbe trovare la migliore espressione per quella che è chiamata convenientemente la sua “anima” nella sua tessitura quotidiana mentre fa tappeti, lavoro di smalto ecc…, anche il l’agricoltore, in contatto personale con la Madre Terra ed il Sole e le stagioni stanno divenendo sempre più figure del passato. C’è sempre meno l’opportunità, anche per il cercatore sincero della verità – l’oratore o lo scrittore – che rifiuta di divenire la sponda delle idee largamente accettate, prodotti di condizionamenti di massa che lui o lei non tollerano ; per il cercatore della bellezza che rifiuta di piegare lui o la sua arte alle richieste del gusto popolare che lui o lei sanno di essere di cattivo gusto. Tali persone devono sprecare molto del loro tempo per fare inefficientemente – e di malavoglia – del lavoro per il quale non sono adatti, prima che loro possono dedicare il resto per ciò che gli indù chiamerebbero il loro sadhana – il lavoro per il quale la loro natura più profonda li ha nominati; la dedicazione della loro vita.

L’idea di divisione moderna del lavoro, condensata nella frase sotto-citata “l’uomo corretto nel luogo corretto”, indica, in pratica, il fatto che nessun uomo – nessuno dei millions di indiscriminati ottusi – può essere condizionato ad occupare un luogo, mentre il meglio degli esseri umani, gli unici che ancora giustificano l’esistenza della specie, non è permesso affatto alcun luogo. Progresso…

Tolleranza?

Rimane la “tolleranza religiosa” dei nostri tempi e la “bontà” comparata con la “barbarie” del passato. Due scherzi, come minimo!

Richiamando alcuni degli orrori più spettacolari della storia – il rogo degli “eretici” e delle “streghe” al palo; il massacro all’ingrosso dei “pagani”, ed altre non meno repulsive manifestazioni della civilizzazione cristiana in Europa, nell’ America conquistata, Goa ed altrove – l’uomo moderno si è riempito di orgoglio per il “progresso” raggiunto sin dalla fine delle secoli bui del fanatismo religioso. Per cattivi che possano essere, i nostri contemporanei, in ogni caso non sono cresciuti nell’abitudine di torturare persone per tali “bazzecole” come la concezione della Santissima Trinità o le loro idee sulla predestinazione e il purgatorio. Questo è il sentimento dell’uomo moderno – perché le domande teologiche hanno perso ogni importanza nella sua vita. Ma nei giorni in cui le chiese cristiane perseguitarono l’un o l’altro ed incoraggiarono la conversione di nazioni pagane per mezzo del sangue e del fuoco, sia i persecutori che i perseguitati, sia i Cristiani che quelli che desiderarono rimanere fedeli a credi non-Cristiani, reputarono tali questioni come vitali in un modo o un altro. E la vera ragione per la quale nessuno si mette oggi a torturare nell’interesse delle sue credenze religiose, non è perchè la tortura come tale sia divenuta disgustosa per ognuno nella “civiltà avanzata del ventesimo secolo”, non è perchè gli individui e gli Stati siano divenuti “tolleranti”, ma solo che, fra quelli che hanno il potere di infliggere il dolore, non sussiste alcun interesse vitale nella religione, lasciata solo alla teologia.

La così definita “tolleranza religiosa” praticata dagli Stati moderni e dai nuovi individui è scaturita da qualsiasi cosa ma non certo da una comprensione intelligente e dall’amore per tutte le religioni come molteplici espressioni simboliche delle stesse poche verità essenziali, eterne… è, piuttosto, la conseguenza di un grezzo disprezzo ignorante per tutte le religioni; dell’indifferenza a quelle molte verità che i loro diversi fondatori tentano di asserire nuovamente. Non è affatto tolleranza.

Per giudicare se i nostri contemporanei abbiano o meno il diritto di vantarsi per il loro “spirito di tolleranza”, il miglior modo è osservare il comportamento da essi tenuto verso coloro che vedono chiaramente come nemici delle loro divinità: gli uomini che hanno punti di vista contrari al loro non concernenti il gioco di parole teologico nel quale non sono interessati, ma nell’Ideologia politica o socio-politica vengono considerati “una minaccia alla civilizzazione” o come “l’unico credo attraverso il quale la civilizzazione può essere salvata”. Nessuno può negare che in tutte tali circostanze, e soprattutto in tempo di guerra, tutti compiono – se ne hanno il potere – o appoggiano – se non hanno l’opportunità dell’azione – azioni in ogni aspetto brutte come quelle che ordinarono, commisero o tollerarono nel passato, nel nome di religioni diverse. L’unica differenza è, forse, che le moderne atrocità a sangue freddo vengono conosciute solamente quando i poteri nascosti di controllo dei mezzi di condizionamento – della stampa, del cinema – decidano che siano per scopi di “umanità”, per esempio quando vengono sottolineate le atrocità dei nemici, non le proprie – né quelle dei loro alleati coraggiosi – e quando la loro storia è, perciò, considerata la “buona propaganda” e in seguito alla corrente di indignazione ci si attende di creare un nuovo incentivo verso lo sforzo bellico. Inoltre, dopo una guerra, nella quale si è lottato o si suppone di aver lottato per un’Ideologia – il moderno equivalente degli antichi conflitti religiosi – gli orrori giustamente o erroneamente perpetrati dai vincitori sono gli unici che vengono diffusi in tutto il mondo, mentre i vincitori tentano con tutti mezzi a disposizione di far credere che il loro Alto Comando non chiuse mai gli occhi a orrori simili. Ma nel sedicesimo secolo Europa, e anche prima; e fra i guerrieri dell’Islam che conducono la “jihad” contro uomini di altre fedi, ogni parte era ben consapevole dei atroci mezzi usati, non solo dai suoi oppositori ma dalle sue stesse persone ed i suoi stessi leader per “sradicare l’eresia” o “lottare contro papismo.” L’uomo moderno è più di un codardo morale. Vuole i vantaggi della violenta intolleranza – che gli è naturale – ma ne evita la responsabilità Anche questo è il progresso.

Umanità?

La così detta “umanità” dei nostri contemporanei (comparata coi loro antenati) è solo mancanza di nervo o mancanza di sentimenti forti – codardia in aumento, o apatia in aumento.

L’uomo moderno è schifato dalle atrocità – anche la brutalità quasi all’ordine del giorno, inimmaginabile – solo quando gli scopi per i quali sono compiute tali azioni atroci o soltanto brutali risultano odiose o a lui indifferenti. In tutte le altre circostanze…. chiude gli occhi ad alcuni orrori – specialmente quando lui sa che le vittime non potranno mai rivalersi (come è il caso con tutte le atrocità commesse dall’uomo sugli animali, per quale che sia lo scopo) e richiede, al massimo, che non gli vengano ricordate troppo spesso. Reagisce come se lui classificasse le atrocità in due categorie: le “inevitabili” e le evitabili. Le “inevitabili” sono quelle che hanno servito o si suppone che servano allo scopo dell’uomo moderno, – generalmente: “il bene dell’umanità” o il “trionfo della Democrazia.” Queste sono tollerate, anzi, giustificate. Le “evitabili” sono quelle che sono commesse di quando in quando, o si dice di essere state commesse, da persone il cui scopo è alieno al proprio. Loro sono condannati da soli, e loro! i reali o presunti autori – o ispiratori – marcati dall’opinione pubblica come “crimini contro l’umanità.”

Quali sono, comunque, i segni distintivi di quella “umanità” meravigliosa dell’uomo moderno, secondo coloro che credono nel progresso? Noi – dicono – oggi non abbiamo più le orride esecuzioni dei tempi che furono; i traditori “non sono più appesi, sezionati e squartati”, come era costume nella gloriosa Inghilterra del sedicesimo secolo; qualsiasi cosa che si avvicini per orrore alla tortura ed esecuzione di Francois Damien, sulla piazza centrale di Parigi di fronte a migliaia di persone venuta deliberatamente per vederlo, il 28 di maggio 1757, sarebbe impensabile nella Francia moderna. L’uomo moderno non approva più la schiavitù, né (in teoria, almeno) giustifica lo sfruttamento delle masse sotto alcuna forma. E le sue guerre – anche le sue guerre! per mostruose che possano sembrare, col loro elaborato apparato di indemoniati e costosi macchinari – sta cominciando a considerare, all’interno del loro codice, (così dicono) un certo ammontare di umanità e la giustizia. L’uomo moderno inorridisce al semplice pensiero del tempo di guerra e delle abitudini dei popoli antichi – al sacrificio di dodici giovani Troiani all’ombra dell’eroe greco Patroclo, per non parlare dei più atroci sacrifici dei prigionieri di guerra nella guerra azteca del dio Huitzilopochtli. (Ma gli aztechi, sebbene relativamente moderni, non erano Cristiani, né, per quanto ne sappiamo, credenti nel progresso in tutto tondo). Finalmente – dicono – l’uomo moderno è più gentile, o meno crudele, di quanto fossero i suoi antenati.

Solo un enorme grado di pregiudizio in favore dei nostri tempi può spingerci a credere in tali fallacie.
Certamente l’uomo moderno non appoggia la schiavitù; lui la denuncia veementemente. Ma ciononostante la pratica – e su una scala più larga che mai di quanto gli Antichi potessero fare – se nell’Ovest Capitalistico o nei Tropici, o (da ciò che sente da fuori dei suoi muri impenetrabili) anche nello Stato che si immagina essere, oggi, il “paradiso” dei lavoratori. Ci sono chiaramente delle differenze. Nell’ Antichità, lo schiavo aveva anche delle ore di agio e di allegria; aveva i suoi giochi di dadi all’ombra delle colonne del portico del suo padrone, i suoi scherzi, il suo libero chiacchiericcio, la sua vita libera fuori della sua routine quotidiana. Il moderno schiavo non ha il diritto di attardarsi per mezz’ora, completamente libero dalle preoccupazioni. Il suo così detto agio o è riempito con del divertimento quasi obbligato, spesso cupo come il suo lavoro, o – nelle “terre della libertà” – avvelenato da preoccupazioni economiche. Ma lui non viene apertamente comprato e venduto. Lui è solo preso! E preso non da un uomo in qualche modo almeno superiore a lui, ma da un sistema impersonale ed enorme senza un corpo da calciare o un’anima da dannare o una testa responsabile del suo danno.

Ed i vecchi orrori senza dubbio sono scomparsi dagli archivi della così detta umanità civilizzata riguardo alla giustizia e alla guerra. Ma di nuovi e peggiori, ignoti ai secoli “barbari”, sono sopraggiunti al loro posto…

E, abbastanza curiosamente – anche se (loro dicono) “odiano tali cose” – un numero considerevole di uomini e donne di oggi, mentre mancano di fegato per commettere personalmente azioni orribili, sembrano essere entusiasti come non mai nel guardare commetterle o nel pensarle o godendone, se è negato il piacere carezzevole di guardare…

Tali sono anche i milioni di popoli, fin qui “civilizzati” e la cui tipologia si rivela evidentemente nella sua luce corretta non prima dello scoppio di una guerra, per capirci non prima (della guerra) si sentono incoraggiati di esporre l’immaginazione più repulsiva in descrizioni competitive di quale tortura ognuno di loro “sarebbe capace di infliggere” sui leader del nemico, se lui – o più spesso lei – avesse mano libera, ma dopo! Sono così tutti quelli che esultano delle sofferenze dei nemici sconfitti dopo una guerra vittoriosa. E sono anche milioni: milioni di pastori feroci, al tempo stesso crudeli – poco virili – che i guerrieri dei così detti secoli “barbari” avrebbero completamente disprezzato…

L’ Età Oscura

Tale mondo può ben vantarsi della sua tenera cura per cani e gatti e per animali domestici in generale, mentre tenta di dimenticare (e per migliorare la civilizzazione dimentica) il fatto orrendo di un milione di creature vivisezionate ogni anno nella sola Gran Bretagna. Questo mondo non può farci trascurare i suoi orrori ignoti nè convincerci del suo “progresso” nella gentilezza verso gli animali e nemmeno della sua aumentata bontà verso persone “irrispettose del loro credo.” Noi rifiutiamo di vedere in esso qualsiasi altra cosa se non l’evidenza vivente e più scura di quello che gli indù indicano da tempo immemorabile come “Kali Yuga” – l’ “Età Oscura”; l’Era dell’Oscurità; l’ultima (e, fortunatamente, la più breve) suddivisione del presente Ciclo della storia. Non c’è nessuna speranza di “raddrizzare le cose”, in tale età. È, essenzialmente l’età così fortemente -sebbene laconicamente- descritta nel Libro dei libri – il Bhagavad Gita – come quella in cui “alla corruzione delle donne segue la confusione delle caste; alla confusione della casta, la perdita di memoria; alla perdita di memoria la mancanza di capacità di capire; e fuori di tutti questo, solo demoni”; l’epoca in cui la falsità è stata chiamata “verità” e la verità perseguitata come falsità o beffata come alienazione mentale; in cui gli esponenti della verità, i leader divinamente ispirati, i veri amici di tutto il vivente sono sconfitti, ed i loro seguaci umiliati e la loro memoria calunniata, mentre i padroni delle bugie sono salutati come “salvatori”; l’età in cui ogni uomo e donna sono nel luogo sbagliato, ed il mondo dominato da individui inferiori e dottrine viziose.

Questa è l’età nella quale i nostri trionfanti Democratici ed i nostri Comunisti pieni di speranza si vantano del “lento ma consolidato progresso attraverso la scienza e l’istruzione.” Grazie davvero tanto per tale “progresso”! La sola vista di questo cosiddetto progresso è abbastanza per confermarci la nostra certezza nella teoria ciclica ed immemorabile della storia, illustrata nei miti di tutte le antiche, naturali religioni… Ci entusiasma il fatto che la storia umana, lontano dall’essere una consolidata ascensione verso il meglio, è un processo senza speranza e in crescita di bastardizzazione, devirilizzazione e demoralizzazione dell’ umanità; una “caduta” inesorabile. Ciò trova in noi il desiderio ardente di vederne la fine – la distruzione finale. Nessuno può immaginare come insanguinata sarà la distruzione finale! Nessuno può immaginare come i vecchi tesori periranno per sempre nella conflagrazione che redime! Prima arriverà, meglio sarà. Noi la stiamo aspettando fiduciosi nella Legge ciclica e divinamente stabilita che governa tutte le manifestazioni dell’esistenza nel Tempo: la legge dell’ Eterno Ritorno. Noi la stiamo aspettando per il trionfo che ne seguirà della Verità oggi perseguitata; per il trionfo sotto qualsiasi nome, dell’unica fede nell’armonia con le eterne leggi dell’essere; il trionfo di tutti quegli uomini che, in tutti i secoli ed oggi, non hanno mai perso la visione dell’Ordine eterno, decretata dal Sole e che hanno lottato con spirito altruista per rendere altri entusiasti in quella vision. Noi stiamo aspettando la gloriosa restaurazione su scala mondiale della “Età Dorata”, del ristabilirsi l’Ordine del Cosmo.

E’ l’ unica cosa per cui vale vivere – e morire, se ci è dato quel privilegio – ora, nel 1948.

 

[ Estratto da “The Lighting and The Sun”, (Wellington, NZ: Renaissance Press, 1994), 3-18.  Pubblicato per la prima volta a Calcutta nel 1958. Traduzione a cura di MarcoL.® – Thule Italia [1] ]